29/11/12

Come difendersi dalle menzogne

In questi mesi siamo stati bombardati da messaggi catastrofici in grado di annebbiare le menti anche dei più svegli. Tuttavia potendo soprassedere in tempi normali, alla vigilia di una tornata elettorale fondamentale per il futuro del nostro bistrattato paese ritengo doveroso fare un po di chiarezza.

Partiamo dalla prima menzogna, la più abusata ed anche la più subdola in quanto costituisce un attacco diretto al ruolo che lo stato deve avere in una normale democrazia: la spesa pubblica è eccessiva ed è all’origine della crisi.

 



I dati ci sono, li fornisce ad esempio la ragioneria dello stato ; guardiamo il grafico precedente. In base ai dati del quadro generale è possibile osservare come l’Italia, con un valore pari al 51,6%, nel 2009 si collochi tra i Paesi con un elevato rapporto tra la spesa pubblica complessiva e il PIL. Tuttavia noterete come il nostro livello di spesa è in linea con quello inglese ed inferiore a quello belga francese o danese.  



Se consideriamo il saldo primario (al netto degli interessi) la spesa pubblica scende al 47,3, un dato non così allarmante se consideriamo il livello degli altri partner Europei.
Guardando il secondo grafico vediamo inoltre come il trend sia simile all’andamento negli altri paesi europei. Il lieve discostamento come sappiamo è da attribuirsi al differente peso della spesa per interessi sostenuto dal nostro paese.

Ora ma di cosa è fatta la spesa pubblica? Fondamentalmente essa è formata da stipendi pubblici, (sanità, istruzione, pubblica amministrazione) pensioni, e spesa per interessi. Analizziamo ciascuna voce nel dettaglio.



In questa tabella si nota come negli ultimi 50 anni sia aumentata a dismisura la spesa per il rimborso di prestiti, passata dal 3,9% del 1960 al 25,2% del 2009 e di come, contestualmente, due importanti categorie di spesa si siano notevolmente ridotte: istruzione e cultura dal 13,8% al 8,7% e le spese in campo economico scese dal 21,4% al 7,2%. Da notare anche la caduta della spesa per abitazioni e per il territorio passate dal 1,6% al 0,3%, con evidenti riflessi sul dissesto idro-geologico.
Il paradosso si raggiunge se consideriamo la spesa per la protezione sociale; infatti essa assorbe la parte più rilevante della spesa primaria nei paesi Europei, con quote che vanno dal 25,2 % di Cipro al 48 % della Germania; l’Italia dedica alla Protezione sociale il 43 % della propria spesa primaria, pari al 20,4 % del PIL. Tradotto, spendiamo molto meno della Germania.
Quindi chi vi dice che i problemi dell’Italia si annidano nell’eccesso di spesa pubblica mente sapendo di mentire oppure non ha mai letto un report della ragioneria dello stato.
 
Scendiamo più nei dettagli.
Seconda menzogna: il nostro sistema sanitario è insostenibile.
 L’altro ieri il nostro presidente del consiglio ha lanciato l’allarme : "Potremmo non riuscire più a garantirlo se non si trovano forme di finanziamento non pubbliche”.

Anche qui i dati ci sono, basta leggerli. Sull’ebook oltre l’austerità Stefania Gabriele  ha sviluppato un analisi interessante, ripresa anche da Alberto Bagnai sul suo blog.





Cito testualmente “Il grafico precedente ad esempio mostra come la spesa, sia pubblica (7,4%) sia totale (9,5%), sia inferiore in Italia rispetto alla Germania, alla Francia, ma anche al Regno Unito. Si osservi che gli Stati Uniti, che hanno un sistema privato, allocano il 17,4% del proprio PIL ai servizi sanitari, e che oltreoceano la stessa componente pubblica della spesa è superiore a quella italiana, malgrado i 47 milioni di americani privi di qualunque copertura sanitaria. Da tempo si è evidenziato peraltro come i sistemi sanitari privati siano più costosi di quelli pubblici.”
Quindi anche qui chi vi dice che la nostra spesa sanitaria è insostenibile sta mentendo e lo  fa seguendo un mandato ben preciso; si vuole sferrare un attacco alle basi del nostro welfare state in modo da consentire l’accesso ai privati ad una fetta consistente del nostro bilancio statale.
Passiamo al nostro sistema pensionistico.
Tutte le statistiche dicono che la spesa pensionistica italiana è del 14.9% superiore di tre punti alla media UE. Tuttavia dobbiamo considerare il fatto che l’Italia, dopo il Giappone detiene il livello più alto al mondo dell’aspettativa di vita. Tradotto campiamo di più, il che non è di per se un male, ma giustifica in parte il discostamento dalla media europea.

Andiamo avanti e scopriamo che in quel 14,9% è incluso il TFR (1,5% del PIL) e la spesa per l’assistenza sociale che equivale al 40% delle spese annuali dell’INPS, che non sono propriamente delle spese previdenziali. Se consideriamo che l’imposizione fiscale sulle pensioni in molti Paesi UE è inferiore a quella italiana, possiamo dire che la spesa pensionistica in Italia è inferiore alla media UE.
Eppure, in Italia, il 12,8% degli over 65 vive in situazione di povertà (reddito inferiore al 50% del reddito medio nazionale OCSE Pensions Outlook 2012), e la percentuale sale al 15,2% tra gli over 75.
Adesso anche l'Europa prende atto, con l'ultima riforma della previdenza l'Italia avrà la più alta età di pensionamento tra i Paesi membri .

A questo punto non rimane che prendersela con i dipendenti pubblici, improduttivi per definizione, dediti alla lettura quotidiana della gazzetta dello sport però molto abili nel risolvere il solitario di windows. Anche qui la verità è un po diversa, citiamo ad esempio il fustigatore Sergio Rizzo non certo quel Neri Parenti che ha trasformato l'impiegato medio in eroe nazionale.

Citando i dati di Rizzo scopriamo che noi italiani spendiamo decisamente più dei tedeschi: 2.849 euro ciascuno, contro 2.830 euro in Germania. Avete capito da dove ha origine la crisi? Dai 19 euro spesi in più della Germania, per i nostri dipendenti pubblici. 
Certo, suona bene come slogan, ma difficile da giustificare se si considera che la Grecia spende decisamente meno, 2436, ed anche la Spagna 2708. Se consideriamo invece la Gran Bretagna 3118, l’austera Olanda 3557, e la Francia 4001 questa affermazione si configura sempre di più come una fantasmagorica supercazzola, questa si di fantozziana memoria.

Quindi chi dice che il problema è l’eccesso di spesa per la pubblica amministrazione sta mentendo.

Il motivo nascosto dietro queste menzogne è semplice ossia quello di inculcare  nei cittadini l’idea che lo stato sia cattivo, improduttivo, sprecone e che per tanto dobbiamo privatizzare, privatizzare ed ancora privatizzare.

Paradossale anche qui è sentire Pier Ferdinando Casini - erede teoricamente di un partito che negli ultimi 50 anni ha fatto della partecipazione statale la propria bandiera - parlare di privatizzazioni e liberalizzazioni. In particolare al buon Pierferdi interessano le “municipalizzate” le quali operando in regime di monopolio strozzano i cittadini con tariffe da usura. 
A pensar male si fa peccato, diceva Belzebù, ma stranamente a volte ci si azzecca; guardiamo infatti una delle municipalizzate più importanti l’ACEA di Roma e scopriamo che, Francesco Gaetano Caltagirone (per chi non lo sapesse suocero di Casini), ne detiene il 16,34% e siede nel consiglio di amministrazione.
Quindi in realtà è logico credere che ci sia un certo interesse, da parte di alcuni investitori privati, a mettere le mani su un settore che gestisce ricordiamo, acqua , energia, rifiuti, trasporti nelle principali città italiane.

Vediamo cosa ne pensa la corte dei conti: “Per quanto riguarda le utilities, c’è tuttavia da osservare che l’aumento della profittabilità delle imprese regolate è in larga parte dovuto, più che a recuperi di efficienza sul lato dei costi, all’aumento delle tariffe che, infatti, risultano notevolmente più elevate di quelle richieste agli utenti degli altri paesi europei, senza che i dati disponibili forniscano conclusioni univoche sulla effettiva funzionalità di tali aumenti alla promozione delle politiche di investimento delle società privatizzate. Considerazioni analoghe possono valere anche per ciò che attiene agli effetti sul livello sia delle tariffe autostradali, sia degli oneri che il sistema bancario pone a carico della clientela, tutt’oggi sistematicamente e considerevolmente più elevato di quello riscontrato nella maggior parte degli altri paesi europei”.

Ma veniamo adesso al piatto forte; quando sentite dire da qualche mezzobusto televisivo “dobbiamo privatizzare” perchè lo stato è inefficiente non ci si riferisce ai forestali calabresi o ai pretoriani in forza alla regione Sicilia,  più semplicemente si riferiscono ad ENI, ENEL, FINMECANICA, cioè ai nostri gioielli di famiglia. Queste aziende distribuiscono allo stato dividendi regolari del 5/6% l’anno; in altre parole altro che inefficienza, queste imprese macinano utili oltre a ricoprire un ruolo strategico dal punto di vista geopolitico.

Siam tutti bravi a privatizzare con “lo stato” degli altri..
 
Per approfondire l’argomento cito un articolo apparso su www.ilsussidiario.net
“Per capire di cosa si tratti si può ricordare la reazione che un nostro immediato vicino/concorrente - la Francia -, ha avuto quando Enel ha provato a comprare Suez, ...... Eni è strategica per un Paese che consuma gas a tutto spiano senza materie prime e senza nucleare, e fa tutta la differenza del mondo, in mancanza di peso politico, quando l’Italia si siede al tavolo delle trattative, a qualsiasi titolo, con i Paesi produttori che devono decidere a chi far costruire ponti o ferrovie o da chi comprare beni e macchinari o infine a chi vendere gas e petrolio (c’è ancora la fila nonostante tutto). Per non rendersi conto della perdita clamorosa per l’indipendenza energetica e per lo sviluppo economico italiano bisogna essere ciechi; non bisogna poi dimenticare che Eni controlla Saipem, sicuramente una delle massime espressioni, non solo per dimensioni, dell’ingegneria italiana. Ragionamento simile si può fare con l’Enel da cui, tra l’altro, i governi precedenti sono passati con Robin Hood tax e simili per incrementare gli incassi ...... Finmeccanica, da ultimo, oltre a essere attiva nel settore sensibile della difesa, controlla alcune imprese che molti, non a caso e non per sbaglio, ci invidiano: da Ansaldo Sts, passando per Avio e Agusta Westland. Siamo certi che diverse società sarebbero disposte a strapagare per mettere le mani su tecnologia e avviamento ma come per Eni e per Enel il punto è che nessuna di queste società è replicabile o sostituibile. Evitare un mese di emissioni di bond statali o ridurre il rapporto debito/ Pil da 126 a 124 rinunciando per sempre a imprese dall’elevatissimo contenuto strategico e tecnologico e probabilmente anche con il timing sbagliato, non sembra un grande affare: chi arriva non è tenuto a mettere tra le priorità lo sviluppo economico italiano.”

Avete compreso la portata di simili scelte. Malgrado tutto siamo un grande paese, pieno di risorse, competenze, fantasia ed eccellenze. Abbiamo dato tanto al mondo, sia dal punto di vista artistico, che tecnico ed ingegneristico. Pur non avendo risorse energetiche, abbiamo creato, grazie alla caparbietà di Enrico Mattei, una delle più importanti aziende energetiche al mondo. Nella chimica con Natta abbiamo scoperto il polipropilene alla base dello sviluppo delle materie plastiche nel secolo scorso, ma anche i calcolatori con Olivetti,  la fissione nucleare con Fermi. Nonostante ciò abbiamo smantellato l’industria chimica (Montecatini), distrutto la microelettronica, abbandonato la ricerca nucleare. 

Quindi prestate molta attenzione quando sentirete questi luoghi comuni perché il rischio è un ulteriore impoverimento del nostro paese.