La vicenda Monte dei paschi di Siena rappresenta sotto molti aspetti un paradosso che ben riflette i limiti della nostra classe politica.
I fatti sono noti, nel 2007 viene acquisita a caro prezzo Antonveneta pagando 9 miliardi al Banco Di Santander per una banca acquistata tre mesi prima a 6,6. Fu il tempismo a fregare Mussari, quell'acquisizione a caro prezzo rappresentò un pesante fardello dopo lo scoppio della crisi dei subprime e portò rapidamente l’istituto senese alla sofferenza. Il 6 maggio 2012 la trasmissione Report mette in evidenza con un servizio firmato da Paolo Mondani i dettagli di quell’operazione. Successivamente, il governo Monti nel consiglio dei ministri del 26 giugno concede alla banca 3,9 miliardi di euro per evitare il fallimento attraverso i cosiddetti Monti bond, emissioni obbligazionarie della banca che verranno sottoscritte dal ministero del Tesoro.
Arriviamo al primo paradosso, i fatti erano noti da tempo, il governo aveva già deliberato il salvataggio 6 mesi prima ed un ‘inchiesta giornalistica aveva già svelato i retroscena dell’operazione, allora come si spiega che l’indignazione popolare si solleva soltanto ad un mese dalle elezioni? E’ evidente che il PD è il bersaglio di una strategia che vuole a tutti costi portare il paese all’ingovernabilità.
Il secondo aspetto ancora più sorprendente è relativo al falso mito secondo cui il PD da sempre controllerebbe le strategie della banca. Nel 2005, qualcuno forse ha già dimenticato, si è consumato un conflitto storico fra Siena e Bologna; Unipol, gruppo assicurativo allora guidato da Consorte, voleva acquisire BNL in modo da dare finalmente rappresentanza al mondo cooperativo emiliano all’interno del sistema bancario italiano. Unipol forte della liquidità acquisita anche grazie ai cospicui utili registrati (Consorte lasciò la compagnia con 300 milioni di utile e 6,2 miliardi di patrimonio) voleva acquisire BNL e cercava partner per l’operazione. L’interlocutore naturale, in base alla presunta appartenenza politica, doveva essere MPS la quale con un esborso di 4,8 miliardi di euro poteva arrivare al 60% della BNL diventando il più grande gruppo bancario Italiano, lo ricorda lo stesso consorte in un intervista al fatto quotidiano.
I dirigenti senesi si opposero a quell’iniziativa rispondendo: “a Siena abbiamo le calcolatrici”. In altre parole volevano far capire ai compagni bolognesi che loro a Siena i conti li sanno fare bene e l’operazione non era conveniente. Tuttavia quando 2 anni dopo pagarono 9 miliardi per una banca venduta 3 mesi prima a 6,6 le stesse calcolatrici misteriosamente avevano smesso di funzionare.Così si esprime Consorte:
“Le racconterò una cosa che smentisce seccamente questa storia delle calcolatrici”, dice Consorte. “Nell’aprile 2005 io e il vicepresidente Ivano Sacchetti abbiamo proposto a Mussari di fare lui l’operazione: un’opa su Bnl in contanti che gli avrebbe permesso di arrivare attorno al 60 per cento e avere così il controllo della banca. Avevo calcolato che gli sarebbe costato 4,8 miliardi. Alla fine, Mussari avrebbe fuso Mps con Bnl e il Monte Paschi sarebbe diventato la più grande banca italiana. A noi avrebbe dato due o trecento filiali che avrebbero razionalizzato la sua rete e fatto crescere la nostra Unipol Banca. Sa la verità? Ero già d’accordo con l’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Anzi, era stato lui a chiederci di fare l’operazione, così da fermare i baschi di Bbva, il Banco di Bilbao che aveva lanciato una Ops (offerta pubblica di scambio) per conquistare Bnl.
Per capirci chi attacca oggi il PD per la vicenda MPS sono gli stessi che 7 anni fa attaccavano i DS e Fassino sul caso UNIPOL; ricordate la famosa intercettazione di Fassino, “Abbiamo una Banca?” Ma allora se il PD controllava l’MPS perchè l’istituto Senese si rifiutò di partecipare con UNIPOL alla scalata BNL?
Paolo Cirino pomicino ad esempio recentemente ha spiegato come già “ Nel 2002 ci fu un tentativo, d'intesa con la Banca d'Italia, di fondere Montepaschi e Bnl che rispondeva a quel criterio smarrito per strada e che puntava a far poli creditizi forti prima di privatizzare.
A questa fusione si oppose, tra gli altri, Franco Bassanini in nome della cosiddetta "senesità" del Montepaschi, ma più ancora nell'interesse della finanza francese. E sempre lo stesso Bassanini fece una guerra senza quartiere contro la scalata Unipol-Mps per la conquista della Bnl che doveva essere regalata ai francesi di Bnp Paribas da un gruppo di pressione guidato da Amato e dallo stesso Bassanini.
In poche parole Pomicino ci spiega come le vere influenze senesi provengono d’oltralpe ed individua nel duo Amato-Bassanini i referenti locali di quelle operazioni. Bassanini è attualmente presidente della Cassa depositi e Prestiti dal 2008, con il benestare dell’allora ministro del tesoro Tremonti, azionista con il 70% dell’istituto.
La cosa tuttavia che mi indigna maggiormente è che dall’attacco al PD ne scaturisce un attacco ancora più massiccio allo stato responsabile del fallimento a causa dell’ingerenza della politica nella gestione degli istituti.
Cioè si offre ai cittadini una versione edulcorata della realtà che deresponsabilizza il comportamento del management e del sistema finanziario. In altre parole in Italia, come nel mondo il problema non è rappresentato dall’ingerenza della politica nella gestione bancaria, casomai è vero il contrario cioè che il sistema finanziario condiziona,in maniera sempre più stringente, le scelte dei governi . Alla base della tragedia MPS vi è infatti il mito della grandezza, del “too big to fail”, solo in questo modo infatti si riesce a realizzare l’obbiettivo di privatizzare i profitti socializzando le perdite. Le grandi fusioni bancarie sono servite a questo, sono servite a rendere l’intervento dei governi necessario qualora il management combini disastri, ma in questo modo si sono scaricate sui contribuenti le perdite, mentre gli azionisti nel passato accumulavano dividendi. Insomma Keynes per le banche Friedman per il popolo.
Ora se i problemi li crea l’ingerenza dello stato nel sistema bancario perchè l’MPS non è mai saltata in aria dal 1472, cioè quando lo stato la controllava in maniera ancora più stringente?
Molti infatti dimenticano che “nei primi anni Novanta il Mps viene privatizzato, come l’intero sistema bancario italiano, attraverso le Fondazioni bancarie (società miste pubblico-private senza fini di lucro, secondo la Sentenza n. 300/2003 della Consulta), che ne assumono il controllo azionario. A fine decennio, non vi sarà praticamente più alcuna banca pubblica (mentre ancora all’inizio degli anni Novanta il 73% del sistema bancario italiano era in mano pubblica).
Quindi il nostro sistema bancario, come del resto il nostro sistema industriale, è uscito con le gambe rotte dalla stagione delle allegre privatizzazioni, e le contraddizioni sono scoppiate non appena si è verificato uno shock esterno, come la crsi dei subprime americani nel 2006. Ciò che è cambiato, dopo il riassetto del nostro sistema a seguito delle privatizzazioni fu il prevalere della logica del profitto a breve termine, attraverso l’inseguimento del valore del titolo in borsa, al cui tra l’altro sono collegate le remunerazioni del management; questa strategia comune in tutto il mondo, ha portato alla creazione di continue bolle, dalla new economy a quella immobiliare, e ogni qualvolta queste bolle sono scoppiate ai contribuenti è andato l’onere di ripianare le perdite.
“L’unica soluzione razionale, a questo punto, dovrebbe esser quella di avviare immediatamente un percorso verso la nazionalizzazione dell’istituto. Le ricerche più recenti evidenziano che le banche di proprietà pubblica possono erogare credito a condizioni più favorevoli e soprattutto in un’ottica di più lungo periodo, servendo così meglio il territorio in cui operano, e senza lasciarsi condizionare da tentazioni di tipo più o meno smaccatamente speculativo.”
Per comprendere ulteriormente, come la crisi del sistema bancario non sia dovuta all’ingerenza politica, basta considerare che uno studio di Mediobanca ha aggiornato il costo degli aiuti pubblici forniti alle banche di Europa e Stati Uniti: in 4 anni 4.700 miliardi di euro, più o meno il Pil di Germania e Francia messe insieme. L’analisi parte dal fallimento di Lehmanh Brothers e arriva sino al novembre 2011.
GLI AIUTI PUBBLICI
Nella seguente tabella i dati.
PAESE
|
MILIARDI DI EURO
|
PAESE
|
MILIARDI DI EURO
|
STATI UNITI
|
2.230,50
|
DANIMARCA
|
40,30
|
GRAN BRETAGNA
|
1.148,00
|
AUSTRIA
|
33,00
|
|
418,00
|
SPAGNA
|
19,70
|
BELGIO
|
196,30
|
LUSSEMBURGO
|
10,10
|
IRLANDA
|
159,00
|
PORTOGALLO
|
6,20
|
OLANDA
|
143,80
|
|
4,10
|
FRANCIA
|
128,20
|
GRECIA
|
3,40
|
|
45,60
|
ISLANDA
|
0,8
|
L’Italia si piazza agli ultimi posti, come si evince dalla seguente tabella, in relazione agli aiuti concessi al suo sistema bancario.
Per inciso oltre ai problemi sopra evidenziati, il sistema bancario Europeo soffre in maniera strutturale degli squilibri generati dalla moneta unica, e ciò rende le nostre banche ancora più fragili. In altre parole, moneta unica e liberalizzazione dei movimenti del capitale, consentono agli istituti di credito di accumulare liquidità in maniera spropositata rispetto agli impieghi produttivi possibili, ciò accentua la formazione di bolle speculative (Spagna, Grecia, Irlanda) e rende l’unione monetaria endemicamente debole.
Un esempio, poco citato da media nazionali, della follia del nostro sistema è rappresentato dal caso Cipro. Cipro è un paradiso fiscale che ospita numerose società off-shore, ed in particolar modo rappresenta un paese rifugio per i capitali in uscita dalla Russia, capitali appartenenti agli oligarchi e alle mafie che in questi anni si sono arricchiti dopo la caduta del comunismo. Secondo l’intelligence tedesca, i russi hanno depositato sull’isola 26 miliardi di dollari (20 miliardi di euro circa), cifra che supera di gran lunga il Pil locale, pari a 17 miliardi di euro.
Trovare impieghi produttivi per questa mole di capitali, in un isoletta grande meno di 10.000 km quadri, è impresa ardua; per questo le banche cipriote hanno reinvestito tutto in Grecia, finendo stritolate dopo lo scoppio della crisi ellenica. A questo punto il governo ha chiesto aiuto alla Trojka, e di conseguenza, i contribuenti italiani saranno chiamati a ripianare i crediti degli oligarchi russi verso le banche cipriote.
La morale della favola è che come al solito gli stati, e le loro popolazioni, sono le vittime sacrificali di un sistema finanziario autoreferenziale ed irresponsabile; approfittare della vicenda MPS per attaccare il PD o l’ingerenza della politica, serve a legittimare ulteriormente questo sistema.
Bersani, d’altro canto, se vuole veramente sbranare gli avversari, cominci da una profonda autocritica della stagione delle privatizzazioni, solo dopo aver fatto i conti con gli errori del passato la sinistra potrà tornare ad essere credibile.