24/12/12

Smontiamo l’agenda Monti

Finalmente questa famigerata agenda, più introavabile di quella rossa di Borsellino, è stata resa pubblica e quindi possiamo analizzarla per capire le incongruenze alla luce di un anno di governo tecnico.
Risulta tuttavia paradossale scoprire che a scriverla non è stato Monti, bensì un parlamentare del PD, Pietro Ichino e che un dilettantesco staff non sia riuscito neanche a modificare il PDF al fine di nascondere la fonte. Infatti scaricato il documento basta cliccare con il tasto destro su proprietà e scoprire l’arcano. 

L’inizio promette bene, si parte da “Costruire un’Europa più integrata e solidale, contro ogni populismo”, cioè si parte dal nulla.
Per capirci bisogna comprendere cosa significhi un'Europa più solidale ed Integrata.
Partiamo dalla recente storia italiana e dall’unificazione che ha portato alla creazione di un mostro bicefalo, con un area progredita ed un altra sottosviluppata. Come abbiamo più volte sottolineato il SUD Italia è un importatore netto di beni (in prevalenza dal Nord Italia) per circa il 14% del PIL(vedi qui) tuttavia grazie alla fiscalità generale si evita l’implosione, attraverso trasferimenti di risorse dal Nord al Sud Italia. Ogni anno avviene un trasferimento netto di 45 miliardi di euro dal Nord verso il Meridione e ciò è alla base della retorica leghista. Tuttavia da uno studio commissionato da Unicredit, redatto dall’economista Paolo Savona emerge che su 72 miliardi l’anno di spesa fatta dai cittadini del Sud, ben 63 sono di beni e servizi prodotti al Nord. Volendo essere più chiari c’è una reciproca convenienza fra classi dirigenti del Nord e del Sud Italia affinchè questi trasferimenti di risorse non generino imprese in grado di competere e riequilibrare gli squilibri macroeconomici regionali.

Ora è evidente che una maggiore integrazione fiscale è necessaria per creare un Europa veramente solidale ed integrata, ma come abbiamo visto nell’esempio Italiano, ciò ha un costo.
L’economista francese Sapir ha calcolato l’ammontare dei trasferimenti federali necessari a tenere in piedi l’eurozona ed è arrivato alla fantasmagorica cifra di 257 miliardi di euro annui. “Inoltre  la Germania dovrebbe sopportare il 90% del finanziamento di questi trasferimenti netti, ossia tra i 220 e i 232 miliardi di euro all'anno (pari a un totale dai 2.200 ai 2.320 miliardi in dieci anni), tra l' 8 % e il 9% del suo PIL. Pertanto, siamo in grado di comprendere la strategia della Merkel che cerca di ottenere un diritto di controllo sui bilanci degli altri paesi, ma si rifiuta di prendere in considerazione un’unione di trasferimento, che sarebbe d'altra parte la forma logica che dovrebbe assumere una struttura federale per la zona euro.”
Traducendo in parole più semplici è assurdo pensare che la Germania si accolli 2300 miliardi di trasferimenti per aumentare la competività di paesi definiti in maniera razzista PIGS e che vede unicamente come mercati di sbocco. Fra l’altro nel caso dell’Italia si tratta di finanziare il suo più forte competitor commerciale, essendo il nostro paese il secondo in Europa per industria manifatturiera. Quindi casomai è populismo non dire ciò ai cittadini Italiani nascondendosi dietro la retorica del più Europa.
Andando avanti nella lettura del PDF vediamo che strategia ha in mente Monti (Ichino) per chiedere un’Europa più solidale; cito testualmente ”Per contare nell’Unione europea non serve battere i pugni sul tavolo”. Quindi la strategia migliore sarebbe quella dello scodinzolare dietro Frau Merkel affinchè ci conceda qualche biscottino come un cagnolino ben ammaestrato. Secondo voi questa strategia può portare la Germania ad accollarsi 230 miliardi di trasferimenti annui? Non sarebbe più logico far valere la posizione forte dell’Italia, battendo evidentemente i pugni sul tavolo  e facendo tra l’altro notare ai tedeschi come dalla nascita dell’eurozona è stata la periferia a foraggiare il loro export?  Vogliono difendere gli interessi Italiani con la strategia dei “Pugni in tasca “?

Andiamo adesso al sodo e leggiamo gli obbiettivi di politica economica:

a. attuare in modo rigoroso a partire dal 2013 il principio (di cui al nuovo articolo 81 della nostra Costituzione) del pareggio di bilancio strutturale, cioè al netto degli effetti del ciclo economico sul bilancio stesso;

b.ridurre lo stock del debito pubblico a un ritmo sostenuto e sufficiente in relazione agli obiettvi concordati tenuto conto del fatto che, realizzato il pareggio di bilancio e in presenza di un tasso anche modesto di crescita, l'obiettivo di riduzione dello stock del debito sarebbe già automaticamente rispettato);

c. ridurre a partire dal 2015, lo stock del debito pubblico in misura pari a un ventesimo ogni anno, fino al raggiungimento dell’obiettivo del 60% del prodotto interno lordo.

d. proseguire le operazioni di valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico, in funzione della riduzione dello stock del debito pubblico.
 
Quanta originalità, quanto acume, e poi vengono a parlare di merito; praticamente questi quattro punti sono scopiazzati interamente dal famigerato fiscal compact (basta andare su wikipedia per rendersene conto ) cioè quella norma che ha plagiato inesorabilmente la nostra costituzione, la stessa che Benigni ipocritamente definisce la più bella del mondo. Malgrado nessun fondamento macroeconomico e malgrado numerose riserve di carattere costituzionale nella nostra costituzione è stato inserito un vincolo di bilancio, roba da far impallidire anche il più goliardico dei costituzionalisti.
La nostra costituzione fondata sul lavoro in base all’art. 1 e che all’art. 4 annovera tra i principi fondamentali il diritto al lavoro stesso , mal si concilia con la modifica dell'art. 81 (seconda parte Cost.) attuata con legge di revisione costituzionale del 2012, che richiede il pareggio di bilancio e vieta l'indebitamento pubblico, salvo casi "eccezionali", e così facendo ci impedisce di fare proprio quelle politiche necessarie per sostenere l'occupazione nelle fasi di crisi, alle quali ci impegna la Costituzione più bella del mondo.
Giuseppe Guarino, esperto giurista (all’Università di Sassari ebbe come assistente Francesco Cossiga, poi a Roma esaminò Giorgio Napolitano, attuale presidente della Repubblica, e Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea), già ministro delle Finanze e dell’Industria, recentemente ha affermato “Esistono ragioni politiche, economiche e culturali per rifiutare la dottrina dell’austerity che si è imposta in Europa, ma prim’ancora c’è una motivazione giuridica che dovrebbe obbligare il governo italiano – questo in carica e soprattutto quello che gli succederà – a liberarsi dagli attuali vincoli che gravano sulla politica di bilancio. A meno di non voler continuare ad “attentare alla Costituzione dell’Unione europea”.
 
Lasciamo da parte le riserve di carattere giuridico e concentriamoci sull’aspetto economico della proposta. Il primo punto, nonostante non abbia nessun fondamento macroeconomico, viene assunto al rango di verità rivelata e stabilisce che gli stati non possono attuare politiche cosidette anticicliche, per contrastare gli effetti recessivi delle crisi. Badate bene la stessa Germania nel 2002 per uscire dalla recessione violò queste regole ed ora pretende che siano inserite nella costituzione dei paesi periferici per condannare milioni di persone al dogma dell’Austerità. 

Il secondo e terzo punto sono ancor più pericolosi; ridurre di un ventesimo lo stock di debito significa tosare i contribuenti Italiani per 100 miliardi di euro l’anno per i prossimi 10. In altre parole dopo aver azzerato la nostra economia con una manovra recessiva di 40 miliardi fatta esclusivamente di sole imposte si sta dicendo chiaramente che l’obbiettivo è ben più ambizioso, ossia quello di ridurre l’Italia ad un paese sottosviluppato attraverso 100 miliardi di manovre l’anno.
Per essere ancora più chiari, l’unico pazzo criminale al mondo, che ha preteso di rientrare dal debito pubblico in maniera tanto rapida è stato Ciaucescu in Romania. In meno di otto anni, a tappe forzate, ha completamente cancellato il debito pubblico.Quando ha annunciato il risultato, è stato applaudito a lungo. Era il 31 marzo del 1989. Nove mesi dopo lo fucilarono.
Chiunque abbia intenzione di votare questi individui almeno ora sà qual’è il prezzo da pagare.

Il quarto punto è il solito ritornello delle dismissioni dei nostri gioielli di famiglia. Ricordiamo che dal 92 al 2005 abbiamo ceduto circa 889 miliardi di euro di beni mobili pubblici ed il nostro debito è passato in questi anni da 887 miliardi a 2000. Il paradosso è che in Italia ormai da svendere c’è ben poco e gli appetiti sono esclusivamente concentrati su ENI, ENEL e Finmeccanica, o meglio sulle quote residue in mano ancora allo stato. Privatizzando ENI, abbiamo ottenuto lo straordinario risultato di far trasferire le sedi legali delle sue controllate in Lussemburgo e così adesso non versano un euro nelle casse dell’erario. 

Potremmo evitare di andare avanti in quanto il resto sono sole parole buttate via, una dietro l’altra senza uno straccio di studio a sostegno ma solo per riempire le rimanenti pagine; tuttavia arrivati a pagina 9 troviamo la barzelletta degli IDE (Investimenti diretti esteri):

Bisogna puntare a raggiungere un livello di investimenti diretti esteri vicino alla media europea, che potrebbe portare fino a circa 50 miliardi di euro in più di investimenti l’anno.
Tradotto il debito pubblico è brutto, dobbiamo eliminarlo massacrando i cittadini, però in compenso il debito privato (gli IDE) è cosa buona e giusta. Purtroppo l’economista Nouriel Roubini, insieme all’Italiano Paolo Manasse ha dimostrato come alla base delle maggiori crisi di debito verificatesi nel mondo ci sia un eccesso di indebitamento estero (privato). Roubini ha calcolato la soglia di rischio nel 50% rispetto al PIL di indebitamento estero, soglia che mentre l’Europa dormiva, la Grecia aveva già raggiunto nel 2002 (cit. Alberto Bagnai). Il paese modello di questo paradigma sgangherato è l’Irlanda, regina indiscussa in europa degli IDE. Purtoppo la simpatica Irlanda, nonostante conti pubblici in perfetto ordine (25% rapporto debito/PIL) è saltata in aria proprio come previsto da Roubini. Riprendo il concetto attraverso le parole di Bagnai:
“L’imprenditore estero che viene a impiantare un’attività produttiva, creando ricchezza e portando lavoro (se è bravo), lo fa per guadagnare un profitto (elevato se le tasse sono basse). Questo profitto sarà in parte reinvestito, in parte speso nel paese, e in buona parte rimpatriato verso il paese estero di residenza dell’imprenditore. Per la bilancia dei pagamenti i profitti rimpatriati all’estero sono redditi passivi, che remunerano il “debito” contratto impiegando capitale estero sotto forma di Ide.”
Ora capite perchè è pericoloso proporre ricette a base di indebitamento estero dopo una crisi spaventosa generata proprio dall’eccesso di questo tipo di indebitamento?

Proseguendo a pag. 12 si parla di Agricoltura, ma alla luce di quanto detto sopra sugli IDE, non si comprende come alla base del collasso del nostro sistema agroalimentare ci sia proprio l’eccessiva presenza della grande distribuzione francese che stritola i nostri piccoli produttori.

Del mercato del lavoro si parla a pagina 15, anche se non si comprende come un governo che ha spinto la disoccupazione all’11% e quella giovanile al 35% possa seriamente essere convincente su questi temi. Parlano di Flexicurity, di flessibilità sicura, dimenticando che gli unici paesi a sperimentarla con successo, come la Svezia, hanno anche una Banca sovrana, una moneta propria e spesa pubblica ampiamente superiore a quella Italiana; cioè sono paesi non in linea col paradigma neoliberista di cui è intrisa l’agenda Monti.

L’ultima chicca a pagina 22: I cittadini devono essere meno comprensivi verso la cattiva politica e i comportamenti non virtuosi di coloro che hanno responsabilità politiche, a tutti i livelli.

Ottimo direte, sounds good; sorge tuttavia un piccolo problema in dodici mesi i membri del governo  annoverano cinque indagati, ma soltanto due si sono dimessi: il sottosegretario Carlo Malinconico, dopo tre mesi (vacanze luxury pagate a sua insaputa) e l'altro sottosegretario, alla Giustizia, Andrea Zoppini, indagato per concorso in frode fiscale e dichiarazione fraudolenta.
Soprassediamo sulla casa ai Parioli comprata a metà del valore di mercato e ad un prezzo più basso del mutuo richiesto dal ministro dell'Economia Vittorio Grilli.
Poi abbiamo il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi  accusato di aver  comprato a prezzo stracciato (180 mila euro per 109mq) un appartamento vista Colosseo, grazie a una sentenza del Consiglio di Stato, di cui all'epoca il ministro era presidente di sezione.
Su Passera, superministro di Monti, è passato lieve come una piuma l'avviso di inizio indagini partito dalla Procura di Biella («un atto dovuto») per presunti reati fiscali commessi da amministratore di Banca Intesa.
Il sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, è finito tra gli indagati della procura di Bari su presunti concorsi truccati, mentre Roberto Cecchi, sottosegretario ai Beni culturali, è sotto indagine della Corte dei conti per un presunto danno erariale. (fonte Dagospia)

Per concludere l’agenda parla di merito, infarcendo un nobile concetto di retorica questa si populista. Anche qui nascono delle perlessità; ad esempio la figlia del ministro che ha invitato i giovani Italiani ad essere meno choosy, Silvia Deaglio è ricercatrice dell'Hugef finanziato dalla Compagnia di San Paolo (dove la madre era consigliere di sorveglianza),ed ha vinto un concorso per professore associato con una commissione presieduta dal presidente dello stesso Hugef, che la premiò anche per «l'ottima capacità di attrarre fondi di finanziamento per la ricerca». Poi è stata chiamata dall'Università di Torino. Dove sono professori ordinari sia la madre che il padre. Anche il viceministro Michel Martone (quello dei giovani «sfigati») è finito sotto tiro per un concorso vinto all'Università.
In definitiva si tratta di un agenda che di fatto ripropone gli stessi schemi  neoliberisti che hanno portato un continente alla deflagrazione, e per di più portata avanti in modo subdolo da personaggi che nel corso degli ultimi anni non si sono distinti per autorevolezza e specchiata levatura morale.
Si tratta di un agenda che di fatto mette al primo posto le esigenze dei paesi creditori, delle banche e che per questo chiede a nostri cittadini un sacrificio inutile e prolungato. 
Solo smontando l’Agenda Monti l’Italia potrà finalmente crescere, e poi a fine anno le agende le regalano i banchieri, quindi diffidate.

Ing. Andolina Salvatore